Cenni storici
La storia dell’edificio attualmente chiamato Villa Groppallo risulta strettamente legata alle vicende della cosiddetta Tenuta dei Paltani, che, come si deduce dal nome stesso, era anticamente un terreno paludoso e malsano.
La prima notizia storica sulla tenuta dei Paltani risale al XIII secolo, quando fu oggetto di una contesa tra il Comune di Savona e il Vescovo Alberto. Intorno alla metà del Duecento i terreni in questione appartenevano sicuramente alla Mensa vescovile.
Gli inizi del XVI secolo furono anni molto difficili per la città di Savona che assistette alla perdita della propria autonomia politica ed economica. Genova oltre a distruggere il porto e ad occupare la città, demolendo i suoi più importanti edifici religiosi per la costruzione della fortezza del Priamàr, impose agli sconfitti il pagamento di una ingente cifra. Nel 1529 il Comune di Savona deliberò, per questo motivo, la vendita di molti beni di proprietà della città; tra questi vi era anche la tenuta dei Paltani di Vado, la quale venne acquistata dall’istituto del Monte di Pietà di Savona. L’anno seguente la proprietà passò a Francesco Maria Spinola che a sua volta la cedette alla Mensa Vescovile (1532).
Sino agli inizi del 1600 nei documenti il podere viene descritto come un’area incolta, acquitrinosa e malsana.
Nel 1611 la tenuta venne ceduta alla famiglia di Giovanni Antonio Brignone, quindi, nel 1675, in enfiteusi, a Francesco Firpo con l’obbligo di costruirvi 2 nuove case e di rendere il terreno coltivabile. Il figlio di quest’ultimo, Nicolò, non avendo figli maschi, la cedette al genero Giuliano Saccarello. A causa della sua insolvenza nei confronti della Mensa vescovile, nel 1707 il Vescovo decise di accettare le offerte di Cesare De Mari (figlio di Gerolamo, nipote di Domenico Maria De Mari, doge della Repubblica dal 1707 al 1709) al quale la trasferì in enfiteusi perpetua; questi nell’arco di pochi anni divenne proprietario della maggior parte del territorio vadese, giungendo a rivendicare anche la proprietà dei Paltani, trasformata in una vasta tenuta che si estendeva dal ponte sul Lusso, piccolo rivo a ponente della villa, oggi scomparso, sino all’attuale incrocio stradale con via Piemonte. Un viale alberato, parallelo al mare, passava a sud di alcuni edifici, tra cui la grande casa del proprietario e altre, più piccole, per i manenti; tra il viale e la spiaggia si estendeva un bell’uliveto. A nord la tenuta raggiungeva quasi il territorio di Valleggia.
Nel 1722 il nuovo vescovo di Savona, Agostino Spinola, si oppose al De Mari dimostrando che la proprietà era della Curia, ma in enfiteusi ai De Mari. Ne derivò una causa lunga e complessa. Nel 1735 il fratello di Cesare, Stefano, si accordò con il vescovo sui confini che separavano le proprietà della chiesa da quelle della famiglia, alla quale rimasero le case e il litorale.
L’edificio
Per quanto riguarda gli edifici che vennero costruiti all’interno della tenuta, l’unico che si è conservato sino ai nostri giorni è proprio la villa che, sino alla fine dell’800, fu chiamata Villa De Mari.
L’edificio venne costruito nel 1693 da Nicolò Firpo. Nella carta tracciata da Geronimo Ignazio Flori nel 1707, risulta raffigurato un edificio che si potrebbe ipotizzare abbia costituito il primitivo nucleo dell’attuale villa.
La villa fu ampliata e trasformata intorno al 1725, per volere di Cesare De Mari, da Gio Batta Zerbino con una serie di interventi non strutturali ma che probabilmente trasformarono l’edificio da casa rustica in una villa più adatta ad una nobile famiglia genovese. Sembra che gli interventi dello Zerbino si limitassero ad abbellimenti di carattere scenografico come l’aggiunta di due muri ai lati del corpo centrale dell’edificio e di un elegante accesso ai giardini posti di fronte ad esso, come si legge nelle piante dell’epoca.
Giacomo Galliano realizza, nel 1726, una pianta del sito in cui la villa viene indicata come Casa accresciuta et ampliata per uso del Patrone; ai lati si vedono le case di nuova costruzione realizzate per uso dei fittavoli e del fattore. La villa risulta a corpo quadrato con prolungamento sul fronte, del tutto raffrontabile con il corpo centrale dell’attuale edificio. La terrazza adornata con statue o vasi, lo stemma nobiliare raffigurato sul portone.
Molto chiara risulta la descrizione dell’edificio rilasciata nel 1731 dal Rev. GioBatta Birotto di Quiliano: “La casa più grande… aveva tre appartamenti con otto finestre di facciata, e l’appartamento di mezzo aveva la sala con alcune altre stanze soffittate, con una buona cantina e terrazza…”.
Sul lato a levante della facciata, in un corpo leggermente aggettante, venne costruita, nel 1741, per volontà di Agostino De Mari con il consenso di mons. Agostino Spinola, la cappella. Ad un’unica navata rettangolare con abside semicircolare, presentava una decorazione a stucchi policromi, di cui si conservano ancora alcuni brani e tracce di colore.
La villa rimase di proprietà della famiglia De Mari sino alla metà del XIX secolo, quando passò alla famiglia genovese Gropallo, dalla quale deriva, seppur storpiato, l’attuale nome. I nuovi proprietari effettuarono una serie di trasformazioni e restauri, in particolare la realizzazione di sei stanze con copertura a volta e del salone che si affaccia, attraverso due ampie finestre, sul grande terrazzo semicircolare aperto sul parco. Ancor oggi il salone, attualmente impiegato come “sala dei matrimoni”, conserva l’aspetto ottocentesco, con il soffitto decorato da una teoria di angeli. Di fronte all’ingresso spicca lo stemma della famiglia Groppallo. Della stessa epoca risulta l’elegante caminetto in marmo bianco e la pavimentazione in graniglia con motivo a tappeto e scritta benaugurale “Well come”.
In seguito la proprietà fu ceduta a terzi che, tra le altre cose, trasformarono il piano terreno in locali di disimpegno magazzini e rimesse, con la creazione di un piano ammezzato.
Soltanto il salone semicircolare e la cappella mantennero il loro aspetto originario. Nel 1973 il Comune di Vado Ligure acquistò la villa con l’intento di utilizzarla a scopi sociali. Tra il 1975 ed il 1979 accurati lavori di restauro, ad opera dell’arch. Giorgio Dagna e dall’ing. Cesare Fera, riportarono la villa alle sue forme originarie.
Quando, nel 1982, il Comune decise di aprirla al pubblico come centro policulturale, sede della pinacoteca e della biblioteca civica, venne utilizzata la dicitura Villa Groppallo, come era stato registrato l’edificio negli atti d’acquisto e come era ormai in uso corrente tra la cittadinanza.
Bibliografia:
Archivio Comunale di Vado Ligure.
Tassinari M., Il volto di Vado nella prima metà del Settecento, in Vado Ligure saggi storici, Savona, 1985, pp.6-28
Casalis G., Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, XXIII, Torino, 1853.
Il Museo
Il Museo ospitato nella villa settecentesca Villa Groppallo, è intitolato ad Arturo Martini
E’ il frutto di un nuovo allestimento terminato nel 2015 che vuole ripercorrere la storia della città di Vado Ligure e delle sue vicende artistiche rifacendosi anche all’idea di “esposizione articolata” che già nel 1932 proprio Arturo Martini propose a Vado Ligure. Questo concetto è sintetizzato nella prima sala espositiva.
La seconda sala ospita elementi delle collezioni lasciate da Don Cesare Queirolo, arciprete, studioso, archeologo e importante figura di riferimento nel panorama della cultura vadese del XIX secolo.
Don Queirolo, con legato testamentario, lasciò alla città le sue collezioni per far nascere una biblioteca, un museo archeologico e una pinacoteca, traducendo in opera la sua attività di ricerca e l’adesione convinta ai valori della cultura e dell’arte.
Sono esposti pregevoli reperti marmorei di età romana tra cui una pantera datata al I sec. d.C., busti, erme di Dioniso ed alcune delle 434 monete che coprono un arco temporale che va dal III secolo a.C. al V d. C., a testimonianza della vita dell’antica Vada Sabatia.
In mostra anche alcuni dipinti della ricca quadreria, originariamente ubicati nella dimora del prelato in piazza San Giovanni Battista, e numerosi volumi della sua biblioteca personale, costituita soprattutto di opere a tema religioso.
La terza sala presenta alcune significative opere di Mario Raimondi che negli anni Trenta del secolo scorso, giunto a Vado per lavoro, rimase folgorato dall’incontro con Arturo Martini, suo maestro e ispiratore. Da Vado, dedicandosi completamente all’arte, spiccò il volo come scultore partecipando alla Quadriennale di Roma nel 1935 e a diverse Biennali di Venezia.
Una parte della sala è dedicata alla prima edizione del “Premio Vado Ligure” del 1951, manifestazione artistica nazionale che, con le sue rassegne di pittura e di scultura sul tema del “lavoro,” ha rappresentato, nel panorama artistico italiano, un importante momento d’incontro tra arte e politica. Vero animatore del premio fu Achille Cabiati, ex partigiano, calato nella realtà operaia del paese. Il suo impegno, sostenuto dall’Amministrazione Comunale e da un nutrito gruppo di artisti locali, ha favorito i rapporti con artisti e critici di livello nazionale.
La sala attigua ospita alcune opere delle successive stagioni del “Premio Vado Ligure” (1952-54 e 1963) oltre a quelle dedicate al tema della Resistenza, particolarmente sentito in una città fortemente impegnata nella Guerra di Liberazione.
La sala più importante del Museo è dedicata alla figura di Arturo Martini, che giunse a Vado Ligure nel 1920, e qui visse e lavorò fino al 1934. Qui formò la sua famiglia e qui realizzò alcune delle opere più importanti della scultura italiana del Novecento, rappresentando la città per l’artista sempre un porto tranquillo dove tornare, tra l’affetto dei suoi cari e quello degli amici artisti: Collina, Bonfiglio, Nencioni, Raimondi.
È dal Comune di Vado che, nel 1923, riceve la prima importante commissione pubblica per la realizzazione del Monumento ai Caduti per i Giardini della passeggiata a mare, i cui originali in gesso sono custoditi nel Museo insieme al gesso originale del gruppo “Il cieco”, realizzato nel 1925-1926 ed il Monumento funebre “Il Benefattore”, dedicato a Don Cesare Queirolo, del 1932-1933.
Ingresso gratuito e visite guidate su appuntamento
Ultimo aggiornamento: 25/10/2024, 12:22